Il motivo fondamentale per cui è stata fondata a Livorno l'associazione
Articolo 21 è quello di lavorare e battersi per la libertà di espressione ed
informazione. L'articolo 21 della Costituzione italiana, infatti, è quello
che assicura la libertà di espressione e comunicazione sotto ogni forma essa
si concretizzi ed il riferimento è palese. Fra le libertà di espressione e
comunicazione c'è ovviamente anche la possibilità di avere voce, il diritto
di raccontare la verità. Purtoppo questo non sempre ciò accade. Il caso ha
voluto che proprio alcuni dei nostri "padri fondatori" abbiano subito
l'ostracismo e la violenza della categoria cui appartengono, che è quella
dei giornalisti, ed abbiano dovuto subire la violenza inaudita della falsità
raccontata come se fosse la verità. Il riferimento è a quanto accadde a Pisa
il 17 febbraio 2002. In occasione del derby calcistico fra Pisa e Livorno,
infatti, alcuni giornalisti livornesi, dopo essere stati provocati ed
offesi, fatti bersaglio del lancio di oggetti e cartacce, vennero prima
aggrediti e colpiti da una dozzina di tifosi nelle aree riservate alla
stampa e poi diffamati da alcuni giornalisti ed ulteriormente diffamati e
minacciati anche da alcuni sostenitori del Pisa che evidentemente tentarono
in quel modo di giustificare un atto di violenza inaudita e ingiustificata,
gratuita, scatenata probabilmente dal fatto che i cronisti aggrediti, che
erano al seguito della squadra avversaria, nel folle contesto di una partita
di calcio vissuta come una sorta di battaglia furono visti, da alcuni, come
dei nemici. Tuttavia, al di là dell'aggressione che costrinse questi
giornalisti livornesi a ricorrere alle cure sanitarie, l'aspetto più assurdo
e preoccupante della vicenda fu la distorsione della realtà con cui vennero
sul momento raccontati i fatti, tralasciando peraltro l'avvenuta
aggressione, cui fece seguito l'impossibilità da parte dei giornalisti
aggrediti di spiegare come realmente andarono quel giorno le cose, la
negazione del diritto di replica, il vero e proprio insabbiamento di quanto
accaduto, tanto da far pensare che su questa vicenda gran parte del mondo
giornalistico locale abbia preferito stendere una cappa di silenzio al
limite dell'omertà che approfondire per rendere giustizia ai colleghi
immotivatamente resi vittime di tanta gratuita violenza. Potremmo dire che
l'amara considerazione da fare è che veramente non si capisce perché il
mondo del giornalismo locale abbia reagito come ha reagito. Non si è data
voce a chi quella violenza l'ha solo e soltanto subita, si è tentato di
mistificare la realtà facendo passare le vittime da provocatori, si è
tentato di liquidare un grave atto di violenza come un episodio di folclore,
non si è riconosciuto il diritto di replica stabilito dalla legge sulla
stampa, poca anzi nulla solidarietà è stata espressa ufficialmente dal mondo
del giornalismo, dalle istituzioni giornalistiche, quasi che il fatto che
alcuni cronisti nell'esercizio delle loro funzioni siano provocati, offesi,
colpiti, aggrediti, vilipesi, diffamati e minacciati senza motivo sia una
cosa normale e di routine. Perché? Perché un esposto presentato all’Ordine
regionale dei giornalisti della Toscana nel febbraio 2002, a tutt'oggi, fine
dicembre 2003, non ha ancora avuto risposta?! Come associazione vogliamo
dare una risposta a queste domande. Vogliamo capire il perché di tante
mancanze. Abbiamo fiducia nel lavoro della magistratura, che certamente sta
facendo il suo dovere, che ha il compito di rendere giustizia a questi
giornalisti così gratuitamente e violentemente offesi ed aggrediti quel
pomeriggio di quasi due anni fa ed ai quali noi, fin da subito, abbiamo
espresso la nostra sincera e totale solidarietà, ma vogliamo anche fare
qualcosa di concreto. Dunque in loro nome lanciamo un'idea, apriamo uno
spazio. Inviate alla casella di posta elettronica articolo21@aruba.it la
storia del vostro supruso subito e noi la racconteremo. Avevamo fondato
l'associazione con uno scopo teorico ma adesso vogliamo fare fatti e non
discorsi. Le verità negate, le verità insabbiate, devono trovare la dignità
della diffusione. Chi insabbia, chi non risponde, chi occulta gli esposti, è
come quel cane che si morde la coda. La verità avanza. Chi ha sbagliato,
colpevolmente o no, sarà messo di fronte alle proprie responsabilità.